Dal film: Un sogno per domani - Pay it forward - Clip F-039 Inizio : 00:05:35 - Fine: 00:11:54
Contenuto :
Trevor entra in classe per la lezione di studi sociali. Il professor Simonet si presenta alla classe e chiede ai suoi studenti un solo ed unico compito per tutto l’anno scolastico, ovvero, pensare ad un’idea che possa cambiare il mondo e metterla in pratica. Trevor mette subito in pratica la sua idea e aiuta un barbone a cui parla della sua idea. Questo ragazzo viene scoperto dalla madre di Trevor nel garage della loro casa. Scambiato inizialmente per un ladro e messo da parte il panico iniziale, il ragazzo le spiega tutta la situazione. Espone, poi, in classe il suo progetto e il professore lo loda la sua idea come ammirevole.
ATTENZIONE
Si consiglia di proiettare, in aggiunta al minutaggio indicato, anche il seguente spezzone:
Suggerimenti per l’uso nella formazione degli insegnanti :
Suggerimenti per l’uso con i preadolescenti :
Dal film: Les Choristes - I ragazzi del coro - Clip F-059 Inizio : 01:13:08 - Fine: 01:15:50
Contenuto :
Clément Mathieu, compositore della sinfonia, e il suo coro si esibiscono innanzi ad alcune benefattrici e alla contessa locale, oltre che al preside e ai docenti dell’istituto. L’intervento educativo implementato da Clément Mathieu genera benessere tra i ragazzi, che dimostrano di essere cambiati e di aver stretto relazioni di amicizia significative tra loro, oltre che un sentimento di fiducia e rispetto verso il proprio insegnante.
Suggerimenti per l’uso nella formazione degli insegnanti :
Suggerimenti per l’uso con i preadolescenti :
Dal libro: Per fortuna faccio il prof - Passo L-003 (Mestiere di Prof) - Da pag. 71 - a pag. 77
Contenuto :
Quello del professore è un mestiere unico. Sembra sceso dal paradiso. Mestiere colto, delicato, avventuroso, creativo. Dolce e guerriero. Scrigno di memorie senza fine e annuncio senza fine di futuro. Che indica le notti e le aurore dei tempi. Che chiede incessantemente di camminare, talora di volare. Ma consapevole pure che difendere la tradizione può essere sfida intellettuale d’avanguardia, e rincorrere l’innovazione può essere cialtroneria sciagurata. Fare il professore è accoglienza, esercizio senza fine di responsabilità, orgoglio di libertà personale ma anche immersione incondizionata nella vita sociale.
Mi sono fatto nel tempo l’idea che non esista e non possa esistere una scuola dove si impari a insegnare. Perché insegnare richiede doti che nessuna istituzione formale può conferirti e poi riconoscerti con una stretta di mano e un diploma. […]
Ecco, voglio dire che non si può insegnare, non si può entrare in relazione con la vita altrui se non si è saputo entrare in relazione con la propria. Perché è nella propria vita che vanno trovati i segreti dell’insegnamento. A partire dalla quantità di volte che vorremmo avere visto affrontare un problema o esercitare un ruolo con responsabilità. Magari a rischio della propria vita. Non minore di quello di cui abbiamo beneficiato deve essere il nostro senso di responsabilità verso gli altri. Il destino ci affida il futuro di giovani vite, e noi possiamo incidere con un nonnulla su questo o quell’aspetto del loro corso. Un comportamento, una parola, un gesto, un libro. Provo di nuovo a ripescare nelle mie memorie. La professoressa di matematica delle medie e la sua storiella delle “undici pi”: “Prima pensa poi parla, perché la parola poco pensata può portare pregiudizio.” Altro che le scuole di diplomazia. O il professore di greco del liceo prima di congedarci per la pausa estiva: non vi assegno nessun compito delle vacanze, ma non chiudete mai una giornata se non avete letto qualcosa, le pagine di un libro o anche un articolo di giornale, l’importante è leggere, non vivere come gli animali. O il professore di Storia economica all’università: i libri vanno letti ogni dieci anni perché ci troverete dentro sempre cose nuove.
Tutto rimane di quel che viene detto o non detto dall’altra parte della cattedra, anche se i protagonisti lo dimenticano in un batter d’ali. Per questo dico anche che la voglia di apparire “giovani” non attraverso l’esercizio faticoso della mente (e del fisico, come vedremo con l’università itinerante) ma attraverso l’uso gratuito in aula della parola poco accostumata non è cosa indolore. Ma diventa legittimazione del turpiloquio che mina pensiero e linguaggio.
È uno dei punti che mi sta più a cuore. Confesso infatti di avvertire in modo particolare la responsabilità di essere davanti ai giovani una espressione, la più semplice, la più immediata, dello Stato. Insegni in una università pubblica, in una università che si chiama “statale”, e non puoi dimenticarlo mai. Devi rappresentare, senza cercare alibi, lo Stato come piacerebbe a te. Accogliente, si è detto. Ma anche trasparente. Cosciente dei suoi doveri. Rigoroso con se stesso, anzitutto. Con la “S” maiuscola, come l’ho sempre scritto per educazione, anche da contestatore, al punto che per questo il mio primo libro venne sbeffeggiato in sede di recensione su “L’Ora” di Palermo. La questione è di sentire l’ampiezza della sfida con la mafia. Che obbliga non solo a produrre conoscenza e poi ancora conoscenza. Ma anche a contribuire a rendere forte e credibile lo Stato in nome del quale la mafia stessa deve essere combattuta.
È un compito che mette davanti a una serie di
Suggerimenti per l’uso nella formazione degli insegnanti :
Confrontarsi con l’immagine del ruolo morale del docente proposta dall’autore e discutere le proprie posizioni.